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Come affrontare l’orticaria cronica spontanea

Il percorso terapeutico: i trattamenti a disposizione

L’obiettivo del trattamento dell’orticaria è il controllo dei sintomi utilizzando i farmaci meglio tollerati.
Tutti i fattori scatenanti vanno identificati e controllati. La terapia di prima linea si basa sull’impiego di farmaci che bloccano i recettori H1 dell’istamina presenti sulle cellule endoteliali (antistaminici anti-H1).

Il trattamento dell’orticaria acuta si basa sulla somministrazione di farmaci anti-H1 di 2a generazione. E` opportuno sottolineare che la risposta farmacologica individuale alla terapia con antistaminici è variabile sia in termini di efficacia che di effetti sedativi. In casi particolarmente severi ed in pazienti che necessitano di un rapido miglioramento, possono essere prescritti brevi cicli (non superiori a due settimane) di glucocorticoidi per via orale. La somministrazione di Prednisone per brevi periodi deve essere evitata in pazienti diabetici o con infezioni in atto e va cautamente somministrata in pazienti con ipertensione arteriosa.

Il trattamento farmacologico dell’orticaria cronica spontanea i basa su un approccio step by step raccomandato dalle linee guida internazionali. Prima di iniziare il trattamento vanno escluse tutte le possibili concause immunologiche (malattie autoimmuni sistemiche ed organo specifiche), neoplastiche (linfomi, ecc.) ed infettivologiche.

  • STEP 1
    Terapia con antistaminici di 2a generazione
    Eliminare le possibili cause scatenanti di tipo farmacologico e fattori fisici
  • STEP 2
    Se i sintomi persistono adattare dosaggio degli antistaminici di 2a generazione utilizzati nello step 1.
    Nella fascia pediatrica e nei pazienti con orticaria da freddo saranno valutate trattamenti ad hoc
    Gli antistaminici di 1a generazione in genere non sono consigliati
  • STEP 3
    Se i sintomi persistono aggiungere una delle seguenti opzioni:
    Terapia con farmaci biologici
  • STEP 4
    Se i sintomi persistono:
    Terapia con immunosoppressori

Brevi cicli di cortisonici per via orale possono essere somministrati in qualsiasi momento in caso di riacutizzazione. Evitare la somministrazione in pazienti diabetici o con infezioni in atto e somministrata con cautela in pazienti con ipertensione arteriosa.

Considerare altri farmaci antiinfiammatori, immunosoppressori o terapia biologica.

Alcuni immunosoppressori sono generalmente controindicata in pazienti con ipertensione arteriosa; in tutti i pazienti va monitorata la pressione arteriosa e la funzionalità renale.

Nei pazienti anziani con insufficienza epatica o renale è necessario modificare la dose di alcuni antistaminici.

Il dialogo con il medico

Parlare con lo specialista è importante
L’orticaria è un problema complesso che condiziona in maniera significativa la vita di chi ne è affetto ed è quindi opportuno rivolgersi a personale qualificato che sia in grado di individuare l’esistenza o meno di una causa scatenante e quindi di attuare la migliore terapia per il paziente.
Il colloquio con il dermatologo diventa un momento importante per comprendere quali fattori possano aver scatenato la malattia ed orienta lo specialista sulle indagini diagnostiche più opportune da effettuare.

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Fonte: https://rb.gy/rezqen

Giornata Mondiale Alzheimer: 10 consigli per i parenti

Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 nel 2050 la malattia interesserà 152 milioni di persone. Tra false credenze e pregiudizi, il rischio è che la persona venga espropriata dalle decisioni e non adeguatamente curata. Ecco 10 consigli della Federazione Alzheimer Italia per prendersene cura al meglio.

La Giornata Mondiale Alzheimer che si celebra il 21 settembre coincide con i 20 anni della “Carta dei diritti della persona con demenza”, stilata dalla Federazione Alzheimer Italia. Tanto tempo è già passato, ma la questione dello stigma nei confronti dei malati e delle loro famiglie e delle “false credenze” verso la demenza sono ancora battaglie che vedono in prima linea le associazioni di famiglie e malati in tutto il mondo.

Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 mostra che 2 persone su 3 pensano ancora che la demenza sia conseguenza del normale invecchiamento e, cosa ancora più grave, oltre la metà (il 62%) del personale sanitario ha la stessa convinzione (quando si tratta di una patologia neurologica vera e propria). Oltre a questo, una persona su 4 pensa che non si possa fare nulla per prevenire la demenza e una su 5 attribuisce la demenza a sfortuna (il 10% alla volontà di Dio; il 2% a stregoneria). Almeno la metà delle persone con demenza si sente ignorato dal personale sanitario (medici e infermieri), quando avrebbe pieno diritto (come sottolinea la Carta dei diritti) all’informazione e alla partecipazione nelle decisioni che riguardano la propria assistenza, oltre alla libertà di scegliere le diverse opzioni di cura.

Nel mondo ci sono 46,8 milioni di persone affette da una forma di demenza (nel 2010 se ne stimavano 35 milioni), cifra destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. Secondo le previsioni, il numero delle persone con demenza è destinato a più che triplicare raggiungendo 152 milioni nel 2050. In Italia si stima che la demenza colpisca 1.241.000 persone (che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050). I nuovi casi nel 2015 sono 269.000 e i costi ammontano a 37.6 miliardi di euro. La malattia di Alzheimer è la più comune causa di demenza (rappresenta il 50-60% di tutti i casi). Non se ne conoscono ancora con esattezza le cause. Attualmente non è guaribile, ma ci sono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali e numerose tecniche e attività che possono ridurre i disturbi del comportamento.

10 consigli per i parenti e i caregiver

Per sua natura, la demenza crea dei bisogni non solo sanitari e impone un ruolo chiave alla famiglia del malato nell’assistenza quotidiana. La famiglia non può essere lasciata sola nella gestione dei numerosi problemi della vita di ogni giorno.  Un supporto importante può venire da una rete efficiente di servizi territoriali (medico di famiglia, centri diurni, assistenza domiciliare integrata), nonché dalle associazioni di familiari, che con la loro attività di informazione, formazione e sostegno costituiscono spesso un punto di riferimento per le famiglie. La dottoressa Arosio, psicologa e psicoterapeuta della Federazione Alzheimer Italia, ha stilato un decalogo di consigli per la famiglia:

  1. La prima linea per combattere lo stigma sociale nei confronti dell’Alzheimer è la famiglia. In famiglia si può venire travolti dal timore della diagnosi, a volte si diventa i primi a non voler condividere con nessuno la notizia, nemmeno con il malato. E’ invece necessario mettere a disposizione tutte le informazioni, prima di tutto con il malato, che resta protagonista delle scelte terapeutiche e di accompagnamento, poi con parenti, amici, vicini, che messi opportunamente al corrente si trasformano in una risorsa.
  2. Informarsi, chiedere supporto, capire quali saranno le fasi della malattia e quali risorse possono essere messe in campo.
  3. Non diventare escludenti, non parlare in presenza della persona malata come se non ci fosse.
  4. Coinvolgere la persona malata nelle decisioniche la riguardano, aiutandola a sentirsi protagonista e prevenendo atteggiamenti di senso di persecuzione (“stanno parlando di me alle mie spalle”).
  5. L’identità di ciò che sono stati rimane: se un malato è stato un manager, un insegnante, una donna che ha tenuto in piedi tutta la famiglia, è giusto che possa sentire la possibilità di continuare a prendere decisioni, fin dove la malattia glielo consente.
  6. Evitare che la gestione della vita quotidiana sia un “mero servizio”: “Indossa questo!”, “Mangia questo!” sono esortazioni votate all’efficienza ma che escludono la persona; sarebbe invece importante consentire di scegliere, anche pazientando su un allungamento dei tempi, perché anche le piccole cose quotidiane rappresentano un esercizio cognitivo e di autonomia.
  7. Sin dall’epoca della diagnosi è importante pensare a costruire una rete informale e amicale che possa sostenere la lenta perdita di autonomia del malato: il rischio di “saturazione” di chi se ne prende cura è alto, pertanto è bene fin da subito avere un “piano” di supporto e accompagnamento.
  8. Combattere l’isolamento e la solitudine del malato: sollecitare gli incontri con amici, favorire eventi di socialità, continuare a frequentare teatri o musei.
  9. Chiedere aiuto: il call center della Federazione Alzheimer Italia (02.809767)è attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 (nel week end i messaggi vengono registrati e raccolti in segreteria) e fornisce supporto psicologico, legale, informativo e di orientamento.
  10. Non dimenticarsi di sorridere.Conservare i bei momenti fa bene: gli occhi del malato che brillano, le buone giornata, le visite degli amici, gli abbracci.

 

Antibiotici, ecco perché vanno usati bene. In Italia consumi in calo ma sempre alti

Da qualche giorno, AIFA ha ha reso disponibile il rapporto nazionale L’uso degli antibiotici in Italia 2017, che  fornisce i dati di consumo e spesa degli antibiotici a livello nazionale e regionale. Il rapporto  ha l’obiettivo di individuare aree di potenziale uso scorretto e promuovere un confronto tra le Regioni finalizzato a migliorare le prescrizioni e l’uso di antibiotici. Non solo. Propone, inoltre, un confronto europeo dei consumi sia in ambito territoriale che ospedaliero. L’aumento della resistenza (il fenomeno per cui i batteri resistono a quegli antibiotici che una volta erano in grado di sconfiggerli), causato anche dal consumo inappropriato e dall’abuso degli antibiotici, rappresenta un problema mondiale,  visto che sta causando un incremento della mortalità, degenze ospedaliere prolungate e costi sanitari e sociali molto elevati e nel 2050 sarà uno delle principali cause di morte.

L’Italia è tra i Paesi europei con i maggiori consumi e con i tassi più elevati di resistenza e multi-resistenza (resistenza di un batterio ad almeno quattro antibiotici di classi diverse). I dati che arrivano dal  recente studio dell’European Centre for Disease prevention and control (Ecdc), sono impressionanti: nel 2015, nei Paesi dell’Unione europea si sono verificati 33.110 decessi su 671.689 casi di infezioni antibiotico-resistenti. Un terzo di quelle morti, purtroppo, si sono  registrate in Italia, a conferma del livello di gravità che il problema ha raggiunto nel nostro Paese.

Nel 2017 il consumo globale di antibiotici in Italia – che, acquisti privati compresi, è pari a 25,5 dosi giornaliere per mille abitanti – è sceso dell’1,6% , anche se resta superiore alla media UE, con forti differenze regionali che vedono il Sud del Paese (24,9), nonostante qualche miglioramento, continuare a detenere il primato dell’impiego inappropriato, seguito dal Centro (20,7) e dal Nord (15,6). Il consumo  è più alto rispetto al resto dell’Unione Europea, addirittura il doppio rispetto all’Olanda che fa registrare 10,1 dosi ogni mille abitanti. La spesa pro capite nazionale (14,33 euro) si è ridotta rispetto all’anno precedente dell’1,7%. Oltre l’85% delle dosi (21,8 Ddd/1000 abitanti die) sono state erogate a carico del SSN. Il dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata nelle farmacie di comunità sia quelli distribuiti dalle strutture sanitarie pubbliche. Spicca, tra gli altri, un dato: il 90% del consumo di antibiotici in regime di SSN (pari a 19,7 Ddd/1000 abitanti die) è dispensato nelle farmacie convenzionate, a conferma che gran parte dell’utilizzo degli antibiotici avviene a seguito della prescrizione dei medici di medicina generale o dei pediatri di libera scelta.

Gli antibiotici sono usati soprattutto nelle fasce d’età estreme: bambini e anziani. C’è un livello più elevato di consumi nei primi quattro anni di vita e dopo i 75 anni. Il focus sui bambini evidenzia che, nel 2017, “il 41,4% della popolazione pediatrica (0-13 anni) appartenente alle sei regioni analizzate (Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania e Puglia) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, e sono state prescritte in media 2,6 confezioni di questi farmaci. Si osserva un picco di prevalenza d’uso del 50%, senza differenze tra maschi e femmine, nel primo anno di vita del bambino. Questo valore si mantiene pressoché costante fino ai sei anni di età. La prevalenza diminuisce poi progressivamente fino ai 13 anni di età, dove si attesta al 30%”.

Il rapporto AIFA ha l’obiettivo di alzare l’attenzione dei consumi di questa classe di farmaci nell’uomo. Inoltre, esiste anche il primo Piano nazionale di Contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020. Il Piano è il documento d’indirizzo di cui l’Italia si è dotata per contrastare il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza a livello nazionale, regionale e locale con un approccio globale che riguardi la diffusione degli antibiotici su 3 piani  umano, veterinario e ambientale seguendo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.