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Il Caregiver: come aiutare chi aiuta le persone con malattie cronico degenerative

Sono un esercito invisibile.

Per ogni malato o disabile ce ne sono almeno 2, se non di più. Sono quelli che aspettano pazientemente nelle sale d’attesa, che vengono a volte esclusi dall’udienza con il medico, che rinunciano a giorni di ferie se la 104 non basta, che si accampano con PC, modem e cellulare cercando di lavorare negli ospedali, che alternano le giornate tra chiacchiere, pianti, telefonate e una massiccia dose di forza mascherata da sorrisi.

Ma il loro status non viene riconosciuto e tutelato. Con tutte le difficoltà che si incontrano nel percorso sanitario e le risorse economiche spesso ridotte all’osso, dare assistenza psicologica e predisporre supporti e attività anche per i familiari sembra impensabile. Eppure, stando ai sondaggi, sono i caregiver quelli che in realtà soffrono di più, e che sempre più chiedono supporto per capire come preservare un buon equilibrio nella propria vita.

Ai caregiver di punto in bianco viene chiesto di essere forti e di sperare, supportare e aiutare ma è importante riconoscere la loro paura, il senso di solitudine e a volte, di incomprensione rispetto alla malattia che cambia le persone che amano.

Ogni situazione è unica e le esigenze di ogni caregiver sono diverse, ma è importante capire il modo migliore per aiutarli. Ecco alcune idee con modi specifici per offrire aiuto:

  • Offri di falciare il prato o attività omologhe, e cita il giorno specifico che puoi farlo.
  • Porta un cesto con prodotti per la pulizia e offri di pulire la casa. Non essere invadente! Se non è un buon momento, programma di tornare un altro giorno, e mantieni l’impegno.
  • Comunica che stai andando al negozio e chiedi se serve che acquisti qualcosa per lui/lei. Non chiedere “se” c’è qualcosa che si può prendere, ma “cosa” ha bisogno.
  • Offriti volontario per fare commissioni, come prendere i farmaci in farmacia.
  • Offri di portare la persona malata ad un appuntamento.
  • Fai un regalo premuroso. Spesso è significativo anche un biglietto con una nota personale e sincera, che gli fa capire che stai pensando a lui/lei e sei lì per aiutare.
  • Offri di sostituirlo nell’assistenza o nella gestione di alcune operazioni quotidiane, per consentire al caregiver di riposare o di prendersi del tempo per sé. Ad esempio, potresti offrire di lavare i capelli del malato, di tagliargli le unghie o di lavare i suoi vestiti. Sono compiti utili per il caregiver e renderà riposata e pulita la persona malata.
  • Sii anche solo un amico. Una semplice telefonata per chiedere a un caregiver come sta andando gli permette di connettersi al mondo esterno e li aiuta a sentirsi meno isolati. Fermati a visitarlo e lascialo anche solo parlare.

Anche se queste idee potrebbero non essere utili per ogni caregiver e per ogni situazione, possono ispirarti a pensare ai modi in cui il caregiver può beneficiare di aiuto. Non importa come ci arrivi, stai offrendo sostegno e socializzazione che possono fare molto per ridurre i sentimenti di depressione e di ansia che spesso affrontano i caregiver.

 

Giornata Mondiale Alzheimer: 10 consigli per i parenti

Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 nel 2050 la malattia interesserà 152 milioni di persone. Tra false credenze e pregiudizi, il rischio è che la persona venga espropriata dalle decisioni e non adeguatamente curata. Ecco 10 consigli della Federazione Alzheimer Italia per prendersene cura al meglio.

La Giornata Mondiale Alzheimer che si celebra il 21 settembre coincide con i 20 anni della “Carta dei diritti della persona con demenza”, stilata dalla Federazione Alzheimer Italia. Tanto tempo è già passato, ma la questione dello stigma nei confronti dei malati e delle loro famiglie e delle “false credenze” verso la demenza sono ancora battaglie che vedono in prima linea le associazioni di famiglie e malati in tutto il mondo.

Il Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 mostra che 2 persone su 3 pensano ancora che la demenza sia conseguenza del normale invecchiamento e, cosa ancora più grave, oltre la metà (il 62%) del personale sanitario ha la stessa convinzione (quando si tratta di una patologia neurologica vera e propria). Oltre a questo, una persona su 4 pensa che non si possa fare nulla per prevenire la demenza e una su 5 attribuisce la demenza a sfortuna (il 10% alla volontà di Dio; il 2% a stregoneria). Almeno la metà delle persone con demenza si sente ignorato dal personale sanitario (medici e infermieri), quando avrebbe pieno diritto (come sottolinea la Carta dei diritti) all’informazione e alla partecipazione nelle decisioni che riguardano la propria assistenza, oltre alla libertà di scegliere le diverse opzioni di cura.

Nel mondo ci sono 46,8 milioni di persone affette da una forma di demenza (nel 2010 se ne stimavano 35 milioni), cifra destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. Secondo le previsioni, il numero delle persone con demenza è destinato a più che triplicare raggiungendo 152 milioni nel 2050. In Italia si stima che la demenza colpisca 1.241.000 persone (che diventeranno 1.609.000 nel 2030 e 2.272.000 nel 2050). I nuovi casi nel 2015 sono 269.000 e i costi ammontano a 37.6 miliardi di euro. La malattia di Alzheimer è la più comune causa di demenza (rappresenta il 50-60% di tutti i casi). Non se ne conoscono ancora con esattezza le cause. Attualmente non è guaribile, ma ci sono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali e numerose tecniche e attività che possono ridurre i disturbi del comportamento.

10 consigli per i parenti e i caregiver

Per sua natura, la demenza crea dei bisogni non solo sanitari e impone un ruolo chiave alla famiglia del malato nell’assistenza quotidiana. La famiglia non può essere lasciata sola nella gestione dei numerosi problemi della vita di ogni giorno.  Un supporto importante può venire da una rete efficiente di servizi territoriali (medico di famiglia, centri diurni, assistenza domiciliare integrata), nonché dalle associazioni di familiari, che con la loro attività di informazione, formazione e sostegno costituiscono spesso un punto di riferimento per le famiglie. La dottoressa Arosio, psicologa e psicoterapeuta della Federazione Alzheimer Italia, ha stilato un decalogo di consigli per la famiglia:

  1. La prima linea per combattere lo stigma sociale nei confronti dell’Alzheimer è la famiglia. In famiglia si può venire travolti dal timore della diagnosi, a volte si diventa i primi a non voler condividere con nessuno la notizia, nemmeno con il malato. E’ invece necessario mettere a disposizione tutte le informazioni, prima di tutto con il malato, che resta protagonista delle scelte terapeutiche e di accompagnamento, poi con parenti, amici, vicini, che messi opportunamente al corrente si trasformano in una risorsa.
  2. Informarsi, chiedere supporto, capire quali saranno le fasi della malattia e quali risorse possono essere messe in campo.
  3. Non diventare escludenti, non parlare in presenza della persona malata come se non ci fosse.
  4. Coinvolgere la persona malata nelle decisioniche la riguardano, aiutandola a sentirsi protagonista e prevenendo atteggiamenti di senso di persecuzione (“stanno parlando di me alle mie spalle”).
  5. L’identità di ciò che sono stati rimane: se un malato è stato un manager, un insegnante, una donna che ha tenuto in piedi tutta la famiglia, è giusto che possa sentire la possibilità di continuare a prendere decisioni, fin dove la malattia glielo consente.
  6. Evitare che la gestione della vita quotidiana sia un “mero servizio”: “Indossa questo!”, “Mangia questo!” sono esortazioni votate all’efficienza ma che escludono la persona; sarebbe invece importante consentire di scegliere, anche pazientando su un allungamento dei tempi, perché anche le piccole cose quotidiane rappresentano un esercizio cognitivo e di autonomia.
  7. Sin dall’epoca della diagnosi è importante pensare a costruire una rete informale e amicale che possa sostenere la lenta perdita di autonomia del malato: il rischio di “saturazione” di chi se ne prende cura è alto, pertanto è bene fin da subito avere un “piano” di supporto e accompagnamento.
  8. Combattere l’isolamento e la solitudine del malato: sollecitare gli incontri con amici, favorire eventi di socialità, continuare a frequentare teatri o musei.
  9. Chiedere aiuto: il call center della Federazione Alzheimer Italia (02.809767)è attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 (nel week end i messaggi vengono registrati e raccolti in segreteria) e fornisce supporto psicologico, legale, informativo e di orientamento.
  10. Non dimenticarsi di sorridere.Conservare i bei momenti fa bene: gli occhi del malato che brillano, le buone giornata, le visite degli amici, gli abbracci.