Antibiotici, ecco perché vanno usati bene. In Italia consumi in calo ma sempre alti
Da qualche giorno, AIFA ha ha reso disponibile il rapporto nazionale “L’uso degli antibiotici in Italia 2017”, che fornisce i dati di consumo e spesa degli antibiotici a livello nazionale e regionale. Il rapporto ha l’obiettivo di individuare aree di potenziale uso scorretto e promuovere un confronto tra le Regioni finalizzato a migliorare le prescrizioni e l’uso di antibiotici. Non solo. Propone, inoltre, un confronto europeo dei consumi sia in ambito territoriale che ospedaliero. L’aumento della resistenza (il fenomeno per cui i batteri resistono a quegli antibiotici che una volta erano in grado di sconfiggerli), causato anche dal consumo inappropriato e dall’abuso degli antibiotici, rappresenta un problema mondiale, visto che sta causando un incremento della mortalità, degenze ospedaliere prolungate e costi sanitari e sociali molto elevati e nel 2050 sarà uno delle principali cause di morte.
L’Italia è tra i Paesi europei con i maggiori consumi e con i tassi più elevati di resistenza e multi-resistenza (resistenza di un batterio ad almeno quattro antibiotici di classi diverse). I dati che arrivano dal recente studio dell’European Centre for Disease prevention and control (Ecdc), sono impressionanti: nel 2015, nei Paesi dell’Unione europea si sono verificati 33.110 decessi su 671.689 casi di infezioni antibiotico-resistenti. Un terzo di quelle morti, purtroppo, si sono registrate in Italia, a conferma del livello di gravità che il problema ha raggiunto nel nostro Paese.
Nel 2017 il consumo globale di antibiotici in Italia – che, acquisti privati compresi, è pari a 25,5 dosi giornaliere per mille abitanti – è sceso dell’1,6% , anche se resta superiore alla media UE, con forti differenze regionali che vedono il Sud del Paese (24,9), nonostante qualche miglioramento, continuare a detenere il primato dell’impiego inappropriato, seguito dal Centro (20,7) e dal Nord (15,6). Il consumo è più alto rispetto al resto dell’Unione Europea, addirittura il doppio rispetto all’Olanda che fa registrare 10,1 dosi ogni mille abitanti. La spesa pro capite nazionale (14,33 euro) si è ridotta rispetto all’anno precedente dell’1,7%. Oltre l’85% delle dosi (21,8 Ddd/1000 abitanti die) sono state erogate a carico del SSN. Il dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata nelle farmacie di comunità sia quelli distribuiti dalle strutture sanitarie pubbliche. Spicca, tra gli altri, un dato: il 90% del consumo di antibiotici in regime di SSN (pari a 19,7 Ddd/1000 abitanti die) è dispensato nelle farmacie convenzionate, a conferma che gran parte dell’utilizzo degli antibiotici avviene a seguito della prescrizione dei medici di medicina generale o dei pediatri di libera scelta.
Gli antibiotici sono usati soprattutto nelle fasce d’età estreme: bambini e anziani. C’è un livello più elevato di consumi nei primi quattro anni di vita e dopo i 75 anni. Il focus sui bambini evidenzia che, nel 2017, “il 41,4% della popolazione pediatrica (0-13 anni) appartenente alle sei regioni analizzate (Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania e Puglia) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, e sono state prescritte in media 2,6 confezioni di questi farmaci. Si osserva un picco di prevalenza d’uso del 50%, senza differenze tra maschi e femmine, nel primo anno di vita del bambino. Questo valore si mantiene pressoché costante fino ai sei anni di età. La prevalenza diminuisce poi progressivamente fino ai 13 anni di età, dove si attesta al 30%”.
Il rapporto AIFA ha l’obiettivo di alzare l’attenzione dei consumi di questa classe di farmaci nell’uomo. Inoltre, esiste anche il primo Piano nazionale di Contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020. Il Piano è il documento d’indirizzo di cui l’Italia si è dotata per contrastare il fenomeno dell’antimicrobico-resistenza a livello nazionale, regionale e locale con un approccio globale che riguardi la diffusione degli antibiotici su 3 piani umano, veterinario e ambientale seguendo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Leave a Reply
Want to join the discussion?Feel free to contribute!